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Modelli di sostenibilità per il terzo millennio

Nella prima puntata di questa mia piacevole esperienza di storytelling con 97100 abbiamo richiamato la tradizione e l’albero del Milicuccu, simbolo delle radici del nostro passato, senza la cui memoria non può esistere il nostro futuro. Oggi tuttavia è sempre più complesso e difficile guardare al futuro, impossibile predirlo e la riflessione più ricorrente che facciamo, spesso disorientati, è sempre la stessa: “non capisco più il mondo”.

E allora, in questa seconda puntata del mio viaggio, vorrei provare a ragionare con gli amici lettori su alcuni scenari e modelli di sviluppo del terzo millennio che possono aiutare a comprendere cosa realmente stia bollendo in pentola…

In una società sempre più globale, che ha perso i riferimenti cardinali del vivere civile e del bene comune, ci si chiede se possiamo ancora parlare di un nuovo Umanesimo, e se  c’è ancora posto per le relazioni, le emozioni, il dialogo, l’ascolto, la costruzione di un rapporto di fiducia e di rispetto tra persone, nazioni, governanti e istituzioni. Alla nostra generazione, quella dei baby boomer, sta toccando forse una rarità assoluta: di vivere in una vera e propria metamorfosi del mondo e di assistere alla scomparsa definitiva di una dimensione ordinaria che era divenuta la normalità.

Mai nella storia dell’umanità si è registrato un cambiamento epocale come quello registrato nel terzo millennio, con ritmi di crescita non più lineari ma esponenziali. Per questa ragione non capiamo il mondo, perché continuiamo a pensare il cambiamento come un processo lineare e analogico, piuttosto che in termini di metamorfosi, ovvero di processo discontinuo e non-lineare, in cui sono cambiati i parametri, perché sono cambiate le certezze che fondano il nostro mondo e ciò che fino a ieri era impensabile, oggi non lo è più.

Ciò significa che sta cambiando la metafisica del mondo, attraverso un mutamento di primaria importanza che implica una trasformazione totale in una diversa realtà, in un diverso modo di essere nel mondo, di vedere il mondo, di fare politica. Sono cambiati i paradigmi antropologici e l’errore che commettiamo è immaginare un futuro con gli attuali schemi concettuali e mentali; la metamorfosi destabilizza le certezze della società moderna e sposta l’attenzione «sull’essere nel mondo» e «sul vedere il mondo».

L’ordine del mondo si basa sulla necessità di operare oltre e fuori i confini: nel terzo millennio le persone che vogliono avere successo devono agire «cosmopoliticamente».

E’ il quadro cosmopolitico a garantire il successo dell’azione locale e quelli che erano ostacoli diventano opportunità: siamo dunque, come asserisce il sociologo Ulrich Beck, ad una sorta di svolta copernicana 2.0: alla concezione di nazione come stella fissa attorno a cui gira il mondo, subentra l’imperativo di pensare al «mondo» come la stella fissa attorno a cui girano le nazioni.

E proprio perché tutti siamo esposti a un rischio globale – mutamenti climatici, crisi finanziaria, iniquità sociale – questa vulnerabilità di tutti aumenta la responsabilità di tutti, per la sopravvivenza di tutti. Si tratta di cogliere il passaggio, anziché attestarsi su antichi confini, tessendo legami di solidarietà oltre i confini nazionali e oltre le barriere convenzionali.

In questo nuovo scenario cosmopolitico si deve ripartire dalle città.

Per esempio, per trovare risposte al cambiamento climatico non dobbiamo più guardare solo alle Nazioni Unite, ma alle Città Unite e le città globali assumono importanza come spazi cui si prendono decisioni collettive vincolanti e in cui diventa più praticabile una democrazia deliberativa oltre che partecipativa. Le città diventano quindi il luogo dove il rischio viene affrontato, la metamorfosi vissuta e il futuro ridisegnato in funzione dell’emergere delle nuove generazioni.

Un ruolo di eccellente mediazione tra la società civile e l’apparato statale può essere ricoperto dalle aziende, soggetto cruciale per far accadere le cose e guidare questa metamorfosi del mondo.  Per svolgere questo ruolo positivo le aziende devono però iniziare a occuparsi non solo del proprio vantaggio, ma anche del vantaggio della comunità a cui fanno riferimento, cioè quella in cui operano e dalla quale attingono le risorse umane: creare valore-condiviso sarà la migliore occasione per legittimare il business a cui ci si dedica tutti i giorni, oltre che per dare più senso alla propria vita.

Nella società del rischio globale l’unica vera forma di libertà è quella di essere utili all’insieme: quello che abbiamo fatto finora potrebbe infatti aver funzionato nella nostra dimensione individuale, ma non sta funzionando affatto in quella collettiva.

E’ dunque perseguendo il bene comune che, nell’era dell’Antropocene, l’Homo Sapiens potrà ancora dare senso compiuto alla Sua esistenza, ritrovando la Sua unicità nella molteplicità e la sua prosperità in una sostenibilità sociale, ambientale economica e valoriale dello sviluppo tecnologico del terzo millennio.

Sul tema della sostenibilità integrata ed integrale, come unico modello per poter guardare con fiducia al futuro, ci torneremo presto: si tratta infatti non più una scelta, ma di una necessità se davvero ci teniamo a salvarci e a salvare il mondo.

Riguardo l'Autore

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Giancarlo Bellina nasce a Ragusa, il 4 gennaio 1963, da famiglia e antenati ragusani; cresce a Siracusa con l’impronta indelebile della sua città natia, attraverso quei valori della tradizione che influenzeranno la sua storia personal-professionale. Studia Ingegneria Elettrotecnica a Catania dove si laurea con il massimo dei voti nel 1987; sposato con Nelly, insegnante di Lettere e Filosofia, ha 2 figli Beatrice di 18 e Gianmarco di 16 anni. Nel 1989 inizia la sua esperienza lavorativa in ERG, ricoprendo diversi incarichi tecnici nei settori dell’Automazione di Processo e di Project Management. Nominato Dirigente nel 2003, nel 2005 è Responsabile di Esercizio e Manutenzione della prima centrale al mondo che produce energia pulita dai residui di raffinazione; nel 2008 è Direttore dei Progetti di Investimento Strategici di ERG Power&Gas. Nominato Direttore Generale di ISAB Energy nel 2010, dal 2015 è Direttore dell’Area di Generazione Termoelettrica e Idroelettrica di ERG e Presidente della Sezione Chimica, Energia e Petrolio di Confindustria Siracusa. Impegnato in progetti di solidarietà nel Kiwanis International, studia chitarra classica e ama scrivere; è autore di 2 libri: l’Albero del Milicuccu (Genius Loci, 2013) e Alla ricerca del tempo…per vivere (Morrone, 2016). Il suo motto: “Non preoccuparsi di sapere dove sta il confine tra il possibile e l’impossibile è ciò che fa avanzare l’umanità”