Un grande successo già nei primi giorni di attività. Il progetto “Attacca un pois per le cure palliative”, ispirato alle creazioni dell’artista giapponese Yayoi Kusama, è stato attuato nei locali dell’unità operativa dell’hospice del Maria Paternò Arezzo di Ragusa. L’iniziativa, voluta con forza dallo staff di cui è responsabile la dottoressa Antonella Battaglia e dall’ufficio diocesano per la Pastorale della salute, diretto da don Giorgio Occhipinti, in collaborazione con Samot Ragusa e Samot onlus, punta a trasformare piccoli spazi in vibranti esplosioni di colore, per dare vita a un’energia nuova e pulita che ricarica di positività ed oblitera ciò che ci disturba. Il progetto ha ricalcato un percorso che stanno seguendo gli alunni della scuola dell’infanzia Bruno Munari di Ragusa, coordinati dall’insegnante Laura Avellina, componente della Pastorale della salute, come del resto anche la dottoressa Battaglia, che è vicedirettore dell’ufficio diocesano.
“Un percorso – racconta la responsabile – che è stato riformulato da noi in hospice per essere adattato a reparti critici, a maggior ragione in questo momento storico in cui, a causa del coronavirus, si registra una criticità in più. Si punta, insomma, a gestire l’ansia e la preoccupazione dettata dall’emergenza sanitaria del momento. Tutto, lo sappiamo, viene vissuto in maniera amplificata, aumentano preoccupazione e paura”. Ogni mattina chi è in servizio ma anche i pazienti dell’hospice attaccano un pois di colore diverso.
“Su ogni pois – chiarisce don Occhipinti – trasfigura un sentimento, una sensazione, un’emozione diversa, la trama della propria emotività, della propria emozione. Tra l’altro, emerge che i pois non risultano orientati in modo caotico nello spazio ma costruiscono una vera e propria trama dell’emozione, un disegno di ciò che è racchiuso nell’animo umano. Lo consideriamo, e in questo senso ringraziamo la dottoressa Battaglia e i suoi collaboratori per come hanno saputo dare voce a questo progetto, un antidoto della paura, esorcizzando il timore che è come se ci liberasse dalle negatività. Lo spazio viene trasformato in una esplosione di colori e da tutto ciò, personale e pazienti, ma anche i visitatori quando potranno esserci, trarranno energia positiva che oblitera tutto ciò che ci disturba, quello che ci crea disagio. Tra l’altro, è un sistema che nelle cure palliative, come quelle attuate in seno all’hospice, trova una naturale applicazione”. In più, l’hospice del Maria Paternò Arezzo ha aperto il progetto anche all’esterno nel senso che chi vuole può inviare la foto della propria “Obliteration room” ai sanitari della struttura ospedaliera che ha già provveduto a pubblicarle sulla propria pagina Facebook, dando vita a un album di scatti colorati degni della massima considerazione e vitalità.