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Ghosting e Orbiting: le nuove forme di abbandono

Cari amici di 97100, l’estate prosegue e per molti è ormai tempo di vacanza. Sentiamo il bisogno di staccare la spina, di rallentare i ritmi frenetici della quotidianità, di spegnere il telefono e riaccenderlo solo a Settembre, quando poi si ricomincia tutto, da capo e di nuovo. Ciò che non dovrebbe andare in vacanza, però, è la nostra attenzione verso l’importanza delle nostre relazioni; infatti, proprio in questo momento, è il momento in cui è possibile renderci conto di qualche dissonanza che prima non avevamo minimamente messo in conto.

Dunque, cari lettori, oggi parleremo di due fenomeni molto interessanti e di cui magari siamo inconsapevolmente anche attori principali: il ghosting e l’orbiting. Sono pratiche “moderne” messe in atto tipicamente alla fine di una relazione o quando il rapporto inizia  un po’ a distendersi, senza che vi sia un particolare motivo e senza che vengano posti particolari rimedi. Esse riguardano la logica dell’abbandono e come sempre, o quasi sempre, lo strumento attraverso cui queste pratiche prendono forma è la nostra cara tecnologia con l’utilizzo dei social.

Nello specifico, il ghosting consiste letteralmente nello scomparire dalla vita di una persona quasi improvvisamente, senza lasciare spiegazioni e diventando praticamente irraggiungibile, più o meno come fece Mago Merlino al grido di: “Honolulu, arrivo!”, lasciando il povero e giovane Semola con Anacleto in preda alla disperazione. L’orbiting, invece, è considerato una sorta di evoluzione del ghosting e diversamente da quest’ultimo, il presunto mago (o maga), non scompare del tutto poiché pur non degnando le vittime di attenzioni o risposte e pur scegliendo di farsi i fatti propri, decide comunque di restare nei “paraggi emotivi e relazionali” della persona lasciando qualche like in qualche nuovo post su Facebook, visualizzando l’ultima storia di Instagram o divenendo semplicemente spettatore passivo della vita altrui, come se restasse in agguato o in attesa di un momento. Per i più sensibili o ingenui, tutto ciò si tradurrà in una speranza, in una domanda o chissà in quale paranoia flash dell’ultimo momento; la verità, invece, è che il più delle volte questo comportamento non ha un vero e proprio significato:  scegliere di “orbitare” nel centro gravitazionale di qualcuno significa sostanzialmente vagare nel limbo dei “non lo so”. L’estate, con il caldo, il mare e i mojito, purtroppo tende a “non far tenere pensieri pesanti” o “ingombranti”, indipendentemente dal tipo di rapporto in questione che, sicuramente, non potrà più essere chiamato “legame”.

Ciò ovviamente rappresenta una rottura, ma non è solo questo poiché il ghosting e l’orbiting, per i modi attraverso cui vengono messi in atto, non danno alla persona realmente il modo di poter prendere coscienza della fine, per elaborarla in modo sano e maturo. Non esiste possibilità di confronto o uno scambio di opinione reciproca, quindi, chi subisce un abbandono simile rischia di farsi carico da solo di tutti i costi che comporta una fine tragica di questo tipo, soffrendo il doppio e impiegando più tempo nei tempi di ripresa.

I social, dentro questo vortice fatto di pericoli silenziosi e di silenzi pericolosi, amplificano enormemente questi fenomeni perché ormai tutti noi siamo presenti e raggiungibili virtualmente, rendendoci ben visibili agli occhi di tutti. Per questo motivo, a meno che non si è abbastanza forti o disinteressati, dentro la realtà dei social consiglio sempre di procedere cancellando e in alcuni casi anche bloccando, chi scompare dalle nostre vite o crede di permettersi il lusso di muoversi come vuole. Non si tratta di una reazione infantile, ma di una piccola arma di difesa nei nostri confronti per evitare ritorni indesiderati o discussioni prive di senso con chi riesce solo a ferirci. Tuttavia, i social non sono l’essenza della nostra vita e del nostro fare, quindi non dobbiamo dimenticare che la migliore scelta, in realtà, in tutti i casi resta sempre il dialogo: bastano poche, ma giuste parole e a volte non serve nemmeno aspettare una risposta.

Significa prendere il coltello dalla parte del manico? Si, perché ad un certo punto serve non avere paura di chiudere i rapporti che non vanno, serve imporsi con i giusti modi per farsi valere anche se tentare di esprimere ciò che si pensa, in questi casi, può frenarci. In qualche modo, si ha sempre un certo timore nell’affrontare una persona che ci ha lasciato con l’amaro in bocca, ma farlo rappresenta una presa di posizione importante e soprattutto una forma di rispetto unica verso noi stessi per liberarci, chiarirci le idee e ricordare e ricordarci che non siamo oggetti, ma persone, con un grande valore.

Riguardo l'Autore

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Assistente sociale e studentessa del corso di laurea magistrale in Pubbliche amministrazioni dell'Università degli Studi di Catania. Creare una realtà sociale nuova per l'ascolto e la soluzione dei problemi è il primo di una lunga serie di sogni.